sabato 9 febbraio 2013

Cani uccisi perché disturbavano le lepri




Lepri. Sarebbe solo uno sporco affare di cattura e vendita di lepri. Sullo sfondo gente senza scrupoli (e non certo cacciatori) che, per tutelare le cucciolate, non esita a disseminare esche avvelenate fra i tratturi e le carrarecce di campagna, uccidendo gli animali che mangiano i bocconi avvelenati.

Questo il primo particolare che emerge dalle indagini in corso a Pavone Mella sulla misteriosa moria di cani. Nove sino ad ora gli esemplari trovati morti o che si sono spenti tra le mani dei padroni disperati dopo aver consumato dei bocconi avvelenati. Ma al triste elenco di carcasse di bastardini delle cascine si aggiungono quelle di volpi, tassi e faine, animali protetti anche se ritenuti predatori di pollai.

Ad uccidere esche avvelenate con un potente e vietato insetticida, il «carbofuran», un geodisinfestante largamente impiegato anche in Italia, il cui nome è tristemente noto per la moria di leoni in Kenya, tanto da indurre al divieto d' uso a livello internazionale. Ma la moria di cani diventa anche un'emergenza sanitaria: ieri l'avvelenamento ricondotto a dosi massicce di pesticidi ha portato alla costituzione di un tavolo di coordinamento in Prefettura per avviare le procedure previste dall'ordinanza 10 febbraio 2012 del Ministero della Salute.

L'analisi dell'Istituto Zooprofilattico di Brescia non lascia infatti dubbi: i bocconi avvelenati hanno una concentrazione di insetticida sino a 1,583 mg/kg, quando la dose considerata pericolosa per l'uomo è di 1 mg/kg secondo dati vecchi, poi superati dal divieto di uso. Non per nulla la Comunità Europea ha messo al bando tutti i pesticidi e gli insetticidi contenenti il carbofuran, lasciando il tempo finestra per smaltire le scorte residue fino al 13 dicembre 2008. Non di meno va detto che il prodotto è acquistabile all'estero, Romania e Slovenia, dunque la sua reperibilità è relativamente semplice.

Ora le indagini puntano all'ambiente della cattura delle lepri. I cacciatori vengono escludi a priori e anzi, a loro viene rivolto l'appello di sorvegliare il territorio per tutelare fauna e cani. L'interesse di abbattere i randagi apparterrebbe invece a qualcuno che vuole proteggere le cucciolate, dato che come noto le lepri non costruiscono tane sotterranee, ma sfruttano per partorire depressioni del terreno.

Da qui estese indagini da parte della Polizia Provinciale, mentre dalla Prefettura emerge la necessità di avviare «tempestivamente» la bonifica del territorio con spese presumibilmente a carico del Comune di Pavone Mella. Indignata la comunità del paese: «È pazzesco pensare che possa esserci gente che avvelena l'ambiente con pericoli di morte anche per l'uomo per garantirsi i 350 euro a coppia che prendono dalla vendita delle lepri vive». Già oggi gli uomini della Protezione Civile di Pavone Mella interverranno nelle operazioni di bonifica della zona delle Martinenghe usando cani muniti di museruola. Qui l'appello dei sanitari: in caso di avvelenamento far vomitare il cane con acqua e tanto sale e non toccare la saliva bavosa. L'ingestione casuale provoca la morte anche nell'uomo.

(Giornaledibrescia.it)

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